| Questo è il mio delirio di ieri notte. non fate caso al tono malinconico. oggi mi sono svegliata più allegra che mai. e non vedo l'ora che arrivi il prossimo Raduno per riabbracciarvi tutti. Appena possibile posterò le mie foto, in attesa di vedere tutte le vostre. mille baci, e se vi va, passate dal mio blog, dove c'è una poesia che ho immaginato dopo aver scritto questo fiume di parole sconvolte ed emozionate. vi voglio bene ragazzi! Fraffri.
cari amici del forum, vi scrivo mentre ripenso a quanto è successo oggi, accanto al mio ragazzo che è crollato per il sonno qui vicino a me. è stata una lunga giornata. emozionante. e tanto attesa. mi sento triste. perchè è finita, è passata. e ci sono stati dei nei poco piacevoli. mi tolgo subito i sassolini dalle scarpe, chissà che non torni il buonumore. per prima cosa quelle odiose telecamere. sempre, ovunque. tutto il tempo. mi hanno fatto dire solo mezza parola a tirar via, mentre avrei voluto chiedere tante cose a giovanni, e raccontarne altrettante. per esempio volevo sapere se avesse letto i miei scritti. cosa ne avesse pensato. se avesse capito, da questi, la profonda importanza che la sua musica ha per me. quanto sia di decisiva ispirazione per me. per la me artistica. invece sono stata taciturna. ho detto solo poche battute, per introdurgli il nostro regalo collettivo (poi rimasto incommentato, a ben vedere), e per consegnargli il seguito dei miei scritti. non li avrà letti. non ha detto nulla a riguardo. poi mi ha disturbato la freddezza scocciata dell'organizzazione, quando candidamente ho porto un biglietto con i miei recapiti per avere giovanni nella mia università. sarà un'idea mai presa in considerazione? poi, ancora, la fine del concerto. oltre la sensazione che fosse volato via, anche quella -brutta- di essere stati ignorati quando facevamo la fila insieme agli altri per i saluti finali. a un certo punto, come ce lo hanno portato via. l'hanno nascosto dietro una porta a vetri, aperta per lo spessore di una feritoia, dalla quale i dischi da firmare entravano e uscivano. forse ci sono rimasta male, quando ros mi ha comunicato che il nostro regalo era stato abbandonato su un tavolino, e poi chissà. e poi lui è sparito via (certo, poveretto, doveva pur mangiare). Non ci avrà visti? O (pensiero impensabile) non avrà voluto vederci? Non per cattiveria, magari per stress. Non avrà voluto cercarci? Non lo so, non ci voglio pensare. Non ci credo. Forse sono solo brutti pensieri, anzi, lo sono di certo. E ora ascolto. Panic. Perchè voglio cacciarli via. Perchè è stata una giornata speciale, fortemente voluta da una persona speciale. E il distacco dopo le prove non era voglia di non averci fra i piedi ma nervosismo. E forse se non ha letto è stato per mancanza di tempo. Non avrà avuto modo di farlo. Magari lo farà. Magari l'ha già fatto. Magari commenterà. Magari l'ha già fatto. Magari c'è un tempo per tutto. Ed è stato proprio bello godere della sua spontaneità, della vicinanza. E di voi. Che siete splendidi uno per uno. Con la positività che le cose belle come Giovanni ci sanno scatenare, ma che in voi, in me, è già presente. Come la sua musica, che esiste e tramite lui si manifesta. Così il nostro entusiasmo. Siamo tutti belle anime, che si manifestano attraverso pianoforte, penne, cernit, magliette, tazze coi gatti. dischi, quaderni allevi, viaggi da tutta italia e chi più ne ha più ne metta. Siete speciali, e mi sono sentita tra amici di una vita. Grazie a voi. Ora tocca a Follow You. E ripenso a quanto è stato struggente sentirla dal vivo. E quanta tristezza in più mi ha causato il fatto che il registratore non abbia fatto il suo dovere. Nessuna introduzione ai brani, nessun brano, solo un fruscio indistinto. Nessun "ma quanto siete belli" o "ma io vi bacio tutti" o "mi fate sentire a casa" o "grazie ai ragazzi di un forum spontaneo che oggi si sono radunati qui da ogni parte d'Italia". Nemmeno i 3 bis. Basta, voglio tornare alle cose Belle, che sono state tante. Capite o ancora non realizzate. Ci ha salutati uno per uno, Giovanni. Avvicinatosi a cecilia le ha chiesto "frafrettina?" poi arrivato da me "ah eccoti! ci sei! Grazie!". Grazie? E di che? Grazie a te! E i suoi capelli profumavano di buono. Ha salutato con calore anche marco. Che bello che è stato parlare a lungo con lui. E fare foto tutti vicini. E vederlo girare e rigirare il mio regalo e iniziare a leggere le prime righe degli altri fogli che gli ho consegnato. Poi le prove. E l’emozione inaspettata di conoscere suo padre, e altri familiari di giovanni. Il padre aveva le lacrime agli occhi, quando ha capito il “senso” delle nostre magliette, quando ha capito incredulo che eravamo lì per Chico (“noi a casa lo chiamiamo Chico”), poi tutti gli aneddoti, di bande e di paesi, della vita di Chico, di fossili, di piatti portati in altre stanze per mangiare quando loro non volevano capire che “Oh Bà, io c’ho l’oro nella testa e nelle mani!”. E la testardaggine, e l’essere un secchione, e tutte quelle cose che solo la famiglia sa di te. E le foto con i parenti, come fossimo un po’ famiglia anche noi. Che dolcezza. Che bello. Che bello l’entusiasmo di lory, ros e jarrett, e ancora quello di giovanni, che in quel momento, appena alzatosi dal piano, ci diceva “sto già in trance, grazie per l’incontro bellissimo che mi avete regalato oggi” ed era tesissimo, si vedeva. Lo ha dimostrato durante i primi brani, più nervosi. E che bello essere lì con marco, e il nostro bacio durante “il bacio”. E tutte le standing ovations, e i salti e i bravo urlati, e tutto il forum che zompava su per ogni cosa, il nostro “dialogo” col palco durante l’introduzione di ogni brano. E le note di questo bacio che ascolto ora, violente e delicate, le sento fino in fondo, forti, mie, splendide. Portami via. Lui lo chiede alla musica, io alla sua musica. E mentre scrivo, penso a quanto sia straordinario che scriva anche lui, che stia per pubblicare qualcosa di suo, il suo diario. Voglio divorarlo, quel libro. Al più presto. E voglio tornare al nostro entusiasmo, e alle piaghe che ho sulle mani: un anello mi ha tagliato via un pezzetto di pelle dal mignolo, tanto applaudivo e urlavo forte, così ora ho un dito rosso e contento. “è come se avessi suonato tu” mi fa il fratello di jordy. Ed è vero. C’ero anche io nei crampi e negli indolenzimenti delle braccia di giovanni durante le prove. E ora ripenso a tutte le chicche di oggi, su cicale e rane (cicale che c’erano anche stasera, e io a chiedermi se anche stavolta ci si stesse sintonizzando, accordando), e gli yuppi e gli evviva, e le facce dopo il corsaro nero, e la provenienza dei tasti della copertina di joy, e la sua moleskine, e le email dai fan di ligabue, e lui con cristicchi e niccolò fabi che sembravano i cugini di campagna, e mille cose, mille dettagli, mille ricordi. E ora sono agitata come l’orologio degli dei. Ripenso a tutto e mi sento travolta, e ho voglia di pensare che sia tutto bello, oggi. Che la patente presa (ma non raccontata, sempre grazie alle telecamere) sia un portafortuna scaturito dal buonumore per questo incontro già passato. Che è un arrivederci non detto (lasciato attraverso i nostri videomessaggi) a un chissà quando indefinito nello spaziotempo ma fortemente voluto nel mio cuore. E sento il rumore del legno dei tasti, nell’orologio degli dei, il pedale che tira le corde, e ripenso a quando il mio amico alessio me la passò via internet, stupito dalla sua abissalità. E ora la furia finale, clangore di spade sottili, sfrigolare di ghiacci affusolati, di stalattiti, frantumarsi di vetri e cristalli lucenti. E ancora ritorna il respiro, la calma, la fine dello sforzo. E ritorna il ricordo di come ha concluso il brano: abbracciandosi, ritraendo le mani, come a dire “non ho fatto niente”, non è successo niente, è stato solo un sogno agitato, una visione, un bagliore di Pan, di tutto, di cosmo, di crepaccio sul vuoto del pieno Panico, di divino. E lui, bambino, si protegge, dal turbine che involontariamente ha generato. E’ la volta di downtown, suonata per me già il 12 scorso. A un palmo da me. Con emozioni già documentate. Ma ora ricordo, di oggi, la voce rotta, spezzata, col fiatone di chi è emozionato e sopraffatto. Quella voce che mi capita qualche volta di avere in radio, quando sono tesa, che per me può durare solo poco, ma che a lui è concessa in quanto simbolo di spontanea commozione, di emozionabilità, di quella sensazione splendidamente umana che ci fa percepire che lui si sente sul palco come fosse la prima volta che ci è salito. Come fosse piccolo, a un saggio con parenti e amici di cui si “teme” il giudizio, non di fronte all’ennesima platea di facce indistinte. No, lui la sente. Come la prima volta. Si stupisce. La meraviglia di giovanni è straordinaria, candida e genuina (“la mia fragilità è la mia forza” e giù applausi), è sintomo del suo essere speciale. È per questo che lo adoriamo come un caro amico che ce l’ha fatta, a credere nel suo sogno. È stupendo tutto questo, tutto lui, com’è, quel che fa, come lo fa, con alle spalle quali trascorsi, perché, con quale determinazione e quale coerenza suicida. E dà fiducia. Ora il vento d’Europa mi sfiora, e vedo l’acqua saltellante di un danubio che sa di est e di mitteleuropa, di oro e di finis austriae, di cultura e di raffinatezza, di epos e di suggestività ineffabili e lontane, ossidate dal tempo come le cupole delle chiese di rame inverdito, e di volant e plissè dei vestiti di dama, di panciotti e orologi da tasca. E ora New Renaissance, e “incrociamo le dita…vabbè, incrociatele voi!”, che doveva essere l’ultimo brano (“noooo”), prima di 3 bis spettacolari, per i quali è stata la folla a reclamarlo sul palco a suon di mani, di cori, di grida. Lo volevamo, lo volevano tutti. E finchè ha potuto, lui è tornato, con la sua corsetta verso il piano, che tante volte ha accarezzato, e sul quale alla fine di questo “falso” ultimo brano si è abbandonato, sdraiandosi col busto sul legno, incrociando le braccia e affondando nell’incavo la testa boccoluta, come uno scolaro assonnato sul banco, o un amante esausto. Ricaricato solo dalla nostra ovazione. Il mio lettore mp3 fa un po’ come vuole, e ora mi fa ascoltare Viaggio in aereo. E penso al mio volo, che il 2 agosto mi porterà lontano da voi per una decina di giorni, verso il Portogallo. E ricordo giovanni, mentre dice che il pilota seduto accanto a lui ai doppi comandi, ora è diventato il pilota personale di mick jagger. Giovanni, ha ragione lui: porti bene. E ora Back to Life (“capire che la mia fragilità era la mia forza, è stato come tornare a respirare, tornare alla vita”). Quella della Fiat, ha detto giovanni, ripreso dal pubblico che ha urlato “No! E’ la tua!”. E ricordo i pianti che ci ho fatto. Che tutti voi ricorderete, perché mi hanno portata in mezzo a voi, a godere delle vostre coccole, delle vostre belle esperienze e della vostra bella voglia di condividere. E ora mi gongolo un po’, come ho fatto seduta in cavea, con le ispirazioni che queste note (e altre, tra le prime di giovanni che ho conosciuto) mi hanno regalato. Che ho fatto leggere a lui, che ho regalato anche a lui, che spero prima o poi invii un segno di ricezione. Che dica che ha letto, che ha capito. Che c’è stato. Che, come dice il fratello di jordy, “ha percorso percorsi mentali già percorsi”, e non è un gioco di parole. È la volta di Water Dance, da bere tutta d’un fiato. E vado a bere anche io. Non per necessità, ma per fondermi con la danza dell’acqua. E la vedo agitarsi, picchiata dalla pioggia, o in discesa da un monte, o zampillante da una fontana. Che scorra, comunque. E sia lucente, liquida e trasparente come la mia anima e la mia creatività, e i bei ricordi di voi, e la gioia, e la luce, e tutto ciò che mi rende felice, entusiasta. Bevo, alla vostra. Alla mia. A quella di giovanni e del suo mondo. Jazzmatic, già ascoltato, ricompare sul display. E mi viene in mente la sua definizione: “il mio brano jazz automatico e circolare. E il mio brano non jazz, perché tutto rigorosamente scritto”. Perché non si può improvvisare, le cose non si possono lasciar andare, fluire, far volare via così per sempre. “Vanno fermate, fissate, fotografate. Per questo c’è il diario”. No? e ora, in attesa di compiere un gesto che mi impaurisce un po’, vado a cercare tra i brani quello di oggi, che è il monolocale, per forza. E vedo il raggio di sole irrompere ad indicare la via della fiducia scellerata e incosciente nei propri sogni, pure quelli più chimerici e assurdi. E mi sento pure io, al centro del mondo. E mi dico basta apatia e scoramento, forza sui tasti, forza con la penna, forza col cuore e la mente. Credici. La prossima volta, voglio chiedergli di suonarci Go with the flow e Ti scrivo. Il monolocale è stato splendido, nonostante ci avesse detto “ci provo, ma non assicuro”, e poi a tutto il pubblico “non la suono dal 2003”. Il risultato è stato grandioso ed emozionante. Vado a cercare qualcos’altro, con un po’ di timore, vi dicevo. Ascolto. E’ Come sei Veramente. Il clou della mia sera. Giovanni è qui, a suonare questo pezzo di cielo e di infinito e di cuore umano, anzi di armonia sovrumana, che me l’ha fatto conoscere. La sta facendo bene. Splendidamente. E piace tanto anche a marco. Lo tenevo per mano, più stretto più la musica incalzava, martellava, più i tasti erano affondati con forza. Poi iniziano i volteggi e le rincorse, le giravolte di un aquilone perso in un cielo ventoso, che sta per piovere. Sento le prime gocce che tintinnano sulla carta. Poi via, picchiate e risalite, ancora e ancora. Un folle volo nell’anima, nel cielo della mia anima, che mi ha portato tante volte al pianto e alla rinascita, al temporale e al sole, sempre più bello quando le nubi si diradano. E improvvisamente mi rendo conto che è tutto bellissimo. Tutto perfetto. Oggi, il giorno tanto atteso, è successo. Ed è stato speciale. E io sono qui con voi, sparsi per la cavea, ed il nostro giovanni è qui anche lui, a farci sognare sotto il cielo della mia città, mai stata più affettuosa e coinvolta, mai più splendente. Con nelle mani le mani di lui, che ora mi guarda e mi intende, perché conosce. E capisce. E impara quanto tutto questo sia importante, così magicamente reale e così precisamente scritto dalla sorte nel mio destino da sorprendermi. Pan si presenta alla porta del mio cuore, alle mie emozioni. Colpisce anche me, d’improvviso. Piango. Sono riuscita a piangere. Sorrido e piango. E sto bene, con lo sguardo premuroso di lui, che sembra volermi dire “sei la solita”. Ma no, non sono affatto la solita. Io che non mi commuovo mai, stavolta ci sono riuscita. Sarà stato giovanni, che ogni tanto mi gioca questo scherzo, sarà stata la perfetta coincidenza di tutte le direzioni della mia vita in quel preciso istante, la confluenza di tutte le emozioni e le lacrime passate entro quell’attimo così irreale, che le coronava tutte, con voi accanto, con la persona che amo, con me, con giovanni e le sue note. Per un attimo è stato tutto consonante. Tutto ha vibrato insieme, nella stessa tonalità, con la stessa carica emotiva. Mi ha trasportata. Giovanni ci riesce, a commuovermi. Proprio come quando l’ho conosciuto, quando le sue note hanno conosciuto la mia anima pazza e torrentizia e fotosensibile (perché questo sono le sue note: sono fotos, sono luce). Le lacrime scappano, e io mi sento liberata. Katharsis. Proprio quella. Proprio su quella rincorsa finale del brano, che fa sgorgare energia vitale da ogni tasto. Quell’ultimo profondissimo crescendo. Me le ha proprio tirate via dagli occhi, queste lacrime sciocche. Via dalla coscienza emozionata, dall’io bombardato di scariche stupende, stavolta provenienti proprio dalle sue vive mani, dal vivo. Avevo paura a spingere il tasto play. Paura di riascoltarla e perdere l’attimo. Di non piangere più. Perché per una volta è stato così indicibilmente bello. Infatti ora non piango, ma mi sono rasserenata un po’. Certo, resta il rammarico di fondo, che mi ha lasciato tanto amaro in bocca finchè non ho acchiappato la musica, la carta e la penna, e mi sono “medicata”. Quel grande dispiacere di non aver potuto condividere questa emozione con la sua causa scatenante. Non avergli potuto dire che avevo pianto, che ci ero riuscita. Per poi confondermi nel suo abbraccio, nel vostro, in quello di chi mi ama. Era una bella reazione, quella che ho vissuto, che andava glorificata così. Così e basta. Ma non ci è stato dato, stavolta. Abbiamo avuto molto, molto altro. Ma avevo bisogno anche di questo. Sì, sarò insaziabile, ma il cuore non sente ragioni. Ora che però ripenso a tutto e mi perdo di nuovo nella musica, sto meglio. E ringrazio tutti voi e giovanni per l’indimenticabile e preziosa pagina di vita che abbiamo scritto. Faccio come daniela, ora (era lei?): mi isolo, mi addentro sola nella magia della musica, per godermela tutta io. Per farla essere tutta per me. Per baloccarmi con tutte queste gemme di memorie che mi sono state donate, oggi. Io sono l’aquilone, e il vento mi chiama. (“Prendimi”.) Chissà che il cielo non piova su di me, chissà che non mi aspettino meravigliose capriole e giravolte in aria. Chissà che io stessa non riesca a piovere di nuovo, non riesca a liberarmi piangendo ancora, in questa notte incredibile. Di gioia pura, si intende.
Grazie.
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